Le mani sono lo strumento più prezioso e insostituibile che abbiamo. In laboratorio sono le prime a contaminarsi, ma anche le prime a contaminare i prodotti manipolati e tutti gli oggetti che sfiorano, creando non pochi problemi anche a chi lavora con noi e a chi ci aspetta a casa. E’ dunque importante trattar bene le mani e dedicare loro un po’ più di attenzione. Soprattutto in questo periodo di COVID-19, l’igiene delle mani è una delle armi più importanti per sconfiggere il virus.

L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ogni anno il 5 maggio promuove la Giornata mondiale per il lavaggio delle mani per ricordare l’importanza di questo gesto semplice ma essenziale per la prevenzione delle infezioni trasmissibili, in particolare negli ambienti ospedalieri e di ricerca.

Il lavaggio delle mani non è un’operazione banale

Da un’indagine svolta da Aware Lab durante i propri corsi sulla sicurezza in laboratorio, è emerso che nella classifica delle “leggerezze” compiute spesso in laboratorio, al primo posto è senz’altro quella di lavorare senza guanti di protezione e al secondo posto quella di indossare i guanti, anche contaminati, per un tempo decisamente prolungato. In entrambi i casi il modo di operare scorretto comporta seri rischi per la propria e altrui salute.

Nel primo caso, non indossando i guanti si espone la pelle all’azione deleteria degli agenti chimici e biologici che manipoliamo. I microtraumi, le piccole lesioni della cute, favoriscono la penetrazione di microrganismi o l’assorbimento percutaneo di sostanze chimiche nocive.

Nel secondo caso, la mancata sostituzione dei guanti favorisce la macerazione della pelle, con problemi dermatologici di varia gravità. In entrambe le situazioni vi è poi il rischio concreto di contaminare gli oggetti comunemente utilizzati durante l’attività, come tastiere, telefoni, maniglie, strumenti analitici, oggetti condivisi da altri colleghi.

E allora perché non viene sempre applicata la prima, la più elementare ed economica forma di prevenzione?

Per pigrizia, per la fretta, perché è ormai un gesto automatico o semplicemente perché non ci sono guanti a sufficienza o adeguati al lavoro da svolgere.

Diversi fattori vengono citati come giustificazione per una scarsa igiene delle mani. Tra questi il fatto che spesso i preparati utilizzati per la disinfezione delle mani provocano irritazioni e disidratazione, oppure perché i lavabi non sono “a portata di mano” o perché spesso mancano sapone e carta asciugamani. E poi la convinzione che, causa i ritmi di lavoro, non c’è il tempo per lavarsi le mani, che il lavoro svolto non è pericoloso o che si indossano già i guanti, come se questi sostituissero le norme igieniche di base e non fossero loro stessi causa di problemi.

La Fretta, si sa, è la madre di tutti i rischi. Spesso dietro queste scuse si celano la pigrizia e la negligenza, la mancata conoscenza di elementari norme di sicurezza personale e, soprattutto, la mancanza di vigilanza da parte dei superiori che su questi temi a volte sono un po’ distratti.

Il corretto lavaggio delle mani è ancora oggi uno dei problemi di prevenzione igienica più difficili da risolvere a livello mondiale. Non è con l’imposizione, con cartelli e minacce, che si ottiene maggior autocontrollo o maggior disciplina in coloro che del lavaggio delle mani sono i primi a dover essere interessati. Non a caso l’OMS ha emesso nel 2005 e aggiornato nel 2009, le LINEE GUIDA OMS SULL’IGIENE DELLE MANI NELL’ASSISTENZA SANITARIA per la campagna “Clean care is safer care” nell’ambito del progetto “Global Patient Safety Challenge” a cui ha aderito anche il Ministero della Salute italiano sul cui sito www.salute.gov.it si trovano informazioni utili per approfondire questo tema.

Per quanto riguarda la contaminazione biologica delle mani, essa è caratterizzata da una flora residente (endogena) e da una transitoria (esogena).

La flora residente è costituita prevalentemente da colonie di Staphylococcus epidermidis presenti tanto sotto lo strato corneo dell’epidermide quanto sulla superficie cutanea. Tra gli altri ricordiamo poi lo Staphylococcus hominis, propionibacteria, corynebacteria, batteri epidermici e micrococchi e tra i funghi il Pityrosporum (Malassezia) spp. I microrganismi residenti raramente causano malattie, salvo non penetrino in organi cavi dell’organismo, ma sono i più difficili da eliminare e sviluppano spesso una elevata antibiotico resistenza, specie in ambito sanitario.

La flora transitoria è superficiale e deriva principalmente dal contatto con materiali o superfici contaminate. La trasmissibilità della flora esogena dipende dalle specie presenti, dal numero di microrganismi sulla superficie e dall’umidità della cute. Per dare un’idea, si consideri che la cute umana normale è colonizzata da microrganismi, con conte totali di batteri aerobi variabili: da oltre 1.000.000 CFU/cm2 (Colony Forming Unit – Unità Formanti Colonie) sul cuoio capelluto, ai 500.000 CFU/cm2 nell’ascella. Sulle mani del personale ospedaliero la conta batterica varia da 390.000 a 46.000.000 CFU /cm2. Da notare, tra l’altro, che questi microrganismi non sono stabili sulla cute, ma si disperdono nell’ambiente tramite la traspirazione e la desquamazione cutanea. Il nostro organismo emette infatti ogni minuto da centomila a trenta milioni di particelle da 0.3 micron, a seconda che si stia seduti o ci si agiti un po’, per esempio, facendo ginnastica o ballando in discoteca. Le industrie elettroniche e farmaceutiche conoscono bene questo problema!

In ambito sanitario, così come nell’industria alimentare o farmaceutica, l’attenzione al lavaggio delle mani è prevalentemente mirata alla protezione del paziente o del prodotto e, ovviamente, per evitare la contaminazione del lavoratore. Lo stesso deve valere anche per il laboratorio. Quante volte si vede lavorare senza guanti in una cappa sterile, con il rischio se non la certezza di contaminare come minimo il prodotto.

Ma la molla che deve far scattare l’autocontrollo e quindi spronare a lavarsi frequentemente e bene le mani, è sicuramente quella dell’interesse personale a non farsi del male e soprattutto non “portare a casa” il peggio del proprio lavoro. Ci si può contaminare semplicemente toccandosi la bocca, il naso, gli occhi, le mucose. Con le mani sporche si possono contaminare gli oggetti di uso comune, così come altre persone, soprattutto quelle anziane o malate e i bambini. Il problema è che lo sporco pericoloso non si vede e non basta un semplice passaggio sotto il getto d’acqua per eliminarlo.

Infatti il processo di sanificazione comprende due fasi importanti: la detersione e la disinfezione.

Con la detersione si rimuove lo sporco e si riduce la flora esogena dalle mani mediante l’azione meccanica e l’acqua e sapone, mentre la disinfezione consiste nell’applicazione di agenti disinfettanti, quasi sempre di natura chimica, che sono in grado di ridurre, tramite la distruzione o l’inattivazione, la carica microbica presente sulle mani.

Lavaggio delle mani con acqua e sapone

Soprattutto in laboratorio le mani vanno lavate spesso, sempre prima e anche dopo aver indossato i guanti. Indossare i guanti con le mani sporche è pericoloso, oltre che fastidioso.

Le mani vanno lavate bene e non frettolosamente o in modo superficiale. Il lavabo deve essere dotato di rubinetto miscelatore con comando a gomito o a ginocchio o a pedale, meglio se a fotocellula, per non venirne in contatto con le mani.

Il lavaggio accurato aiuta a prevenire la trasmissione dei microrganismi, soprattutto di quelli antibiotico-resistenti. Il 60% delle persone dedica meno di 15 secondi per le fasi di lavaggio, risciacquo e asciugatura delle mani e il restante 40% impiega tra i 15 e i 30 secondi, mentre le linee guida dell’OMS prevedono per l’intera operazione almeno 40 secondi.

Con la figura 1 ricordiamo la procedura del lavaggio umido suggerita per un trattamento eseguito a regola d’arte con acqua e sapone e di quello con soluzioni igienizzanti per le mani a base alcolica.

(fonte http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_opuscoliPoster_339).
Stampare ed appendere nei bagni e presso i lavandini di servizio queste istruzioni è sicuramente una buona idea per richiamare l’attenzione nel momento più appropriato!

Nelle proprie linee guida sull’igiene delle mani nell’assistenza sanitaria, l’OMS segnala che tra i fattori che influiscono sulla qualità del lavaggio, la dose di detergente utilizzata è importante quanto il tempo di applicazione e di frizione della cute, mentre la temperatura dell’acqua sembra avere poca influenza sull’abbattimento della carica microbica. L’acqua calda aiuta sicuramente a dissolvere la sporcizia e i residui oleosi in sospensione, ma un frettoloso lavaggio con acqua calda e sapone medicato è meno efficace dell’azione meccanica di un lavaggio di 30 secondi con acqua fredda e con sapone non medicato.

Le soluzioni igienizzanti

Mentre il lavaggio umido delle mani è raccomandato sia per il rischio chimico come per il rischio biologico, frizionare le mani con soluzioni igienizzanti alcoliche rientra nella pratica quotidiana non tanto come alternativa al lavaggio con acqua e sapone, ma come pratica complementare per migliorare il livello di igiene delle mani dell’operatore in presenza di rischio biologico. L’igienizzante non pulisce, igienizza!

Le recenti misure igieniche generali per il contrasto del COVID-19 contenute nell’allegato 1 del DPCM 8/3/2020, prevedono l’impiego di dispenser di soluzioni idroalcoliche nei locali con accesso al pubblico. In campo sanitario, è raccomandato l’uso della disinfezione alcolica delle mani prima e dopo aver toccato il paziente o superfici nelle sue immediate vicinanze o dispositivi medici ad esso collegati. Questo per evitare, oltre la contaminazione dell’operatore, il rischio di infezioni crociate con altri pazienti. In laboratorio può risultare utile sia per ridurre il rischio di contaminazione del materiale biologico sterile manipolato, sia per proteggere l’operatore.

La maggior parte degli antisettici per le mani a base alcolica contiene etanolo o isopropanolo, abbinati ad una sostanza antisettica come ad es. il perossido di idrogeno, oltre a glicerolo a protezione della cute e altri additivi per dare consistenza, colore e profumo.

Questi preparati sono presentati sotto forma di soluzione liquida o di salviette impregnate, gel o schiuma, di efficacia e tollerabilità abbastanza simile tra loro. La soluzione igienizzante ha il vantaggio di evaporare più velocemente lasciando la pelle asciutta ma è più scomoda da maneggiare (sgocciolamento). Il gel è più comodo da applicare uniformemente sulla cute, ma in seguito ad applicazioni ripetute può creare un “accumulo” di sostanze emollienti e quindi dare una fastidiosa sensazione di untuosità. In ogni caso l’efficacia di questi prodotti è ridotta se le mani non sono asciutte.

Il vantaggio offerto dalla disinfezione delle mani con prodotti a base alcolica rispetto al lavaggio “umido” con acqua e sapone è la possibilità di posizionare i dispenser in ogni stanza, senza necessità di avere connessioni alla rete idrica. In pratica si dovrebbe lasciare un flacone con erogatore a disposizione del personale su ogni banco nei laboratori biologici o in sanità accanto a ogni paziente. In questo modo si favorirebbe una maggiore attenzione alla pulizia delle mani rendendo più comoda l’operazione.

L’importanza del dispenser

Oltre alla scelta del tipo di detergente e della soluzione antisettica da utilizzare, ha importanza anche come queste sostanze vengono messe a disposizione dei lavoratori. Il dispenser è un dispositivo importante tanto per proteggere il prodotto e dosarlo correttamente, quanto per favorirne l’utilizzo in modo sicuro. Un sistema poco pratico da usare o che sfugge di mano, renderà l’operazione solo un fastidio e verrà evitata appena possibile, senza contare l’eventuale contaminazione del dispenser stesso.

L’asciugatura delle mani

L’asciugatura è un momento critico per l’elevato rischio di contaminare di nuovo quanto appena pulito. Le mani umide o bagnate favoriscono la trasmissione dei microrganismi. L’OMS segnala che, sulla base di studi fatti, non ci sono grandi differenze di efficacia tra i sistemi igienici di asciugatura correntemente utilizzati (asciugamano in stoffa in rullo, fogli di carta in dispenser e ventilatore ad aria calda), anche se viene rilevato che i sistemi ad aria calda sono meno graditi per via dei lunghi tempi richiesti per l’asciugatura e a causa dell’aerosolizzazione degli agenti patogeni trasmessi attraverso l’acqua da mani lavate in modo poco efficace.

Ovviamente si dovranno considerare tutte le possibili vie di ricontaminazione delle mani dopo il lavaggio o la disinfezione. Deve essere evitato l’uso di asciugamani in tessuto, anche se ad uso personale, mentre si dovranno utilizzare preferibilmente salviette di carta di cui l’ultima usata per chiudere il rubinetto, operazione impossibile con gli asciugamani in rotolo o gli asciugamani elettrici da parete in presenza dei quali si dovrebbe adottare rubinetti a fotocellula. Gli asciugamani elettrici hanno velocità del getto d’aria da 30 a 70 m/s e possono generare aerosol e disperderli nell’ambiente.

Soluzioni interessanti sono i nebulizzatori automatici di disinfettante tramite comando a fotocellula che permettono all’operatore di disinfettare le mani senza toccare nulla. E’ importante però che non disperdano aerosol o vapori nocivi nell’ambiente di lavoro.

E’ dunque importante che anche il sistema di lavaggio e di asciugatura adottato in laboratorio sia pratico e gradito (per profumo, consistenza, disponibilità, velocità e praticità d’uso) altrimenti si corre il rischio di allontanare gli utilizzatori ancora di più dalle pratiche corrette.

La pandemia da COVID-19 ha imposto particolare attenzione a tutta la popolazione anche alla disinfezione delle mani dopo il contatto con superfici potenzialmente contaminate quali, per esempio, le barre di sostegno dei mezzi pubblici o i carrelli del supermercato.

In soggetti sensibili i frequenti lavaggi possono comportare delle reazioni cutanee quali la dermatite irritativa da contatto e la dermatite da contatto allergica. La prima è caratterizzata da disidratazione, irritazione, prurito e persino screpolature e sanguinamento, causate dall’alterazione dello strato corneo e dal depauperamento dei lipidi dell’epidermide. La seconda, fortunatamente più rara, rappresenta una reazione allergica verso qualche componente dei prodotti utilizzati per l’igiene delle mani. Per prevenire le irritazioni dovute ai detergenti utilizzati occorre risciacquare molto bene con acqua corrente e asciugare le mani con cura, tamponando più che strofinando.

Occorre fare anche attenzione se si effettua di routine il lavaggio delle mani con acqua e sapone immediatamente prima o dopo l’utilizzo di un prodotto a base alcolica. Questa pratica, segnala l’OMS, non è solo inutile ma può persino provocare dermatiti irritative. Inoltre, indossare i guanti mentre le mani sono ancora umide a seguito del lavaggio o dell’applicazione di alcol aumenta il rischio di irritazione cutanea.

I lavoratori a rischio di dermatite irritativa da contatto o altri effetti indesiderati causati dai prodotti per la pulizia e la disinfezione delle mani, possono ricorrere a lozioni e creme per le mani che contengono umettanti, grassi e oli che aumentano l’idratazione della cute e sostituiscono i lipidi cutanei alterati dai detergenti.

Nella scelta del disinfettante occorre dunque ricordare i seguenti punti indicati dall’OMS nella propria linea guida destinata agli operatori sanitari che adotta il sistema CDC/HICPAC per classificare le azioni preventive.

A. Fornire agli operatori sanitari prodotti per l’igiene delle mani efficaci e con scarso potere irritante (IB)

B. Per favorire l’adesione del personale sanitario all’utilizzo di prodotti per l’igiene delle mani, chiedere la loro opinione sulla sensazione tattile, olfattiva e sulla tollerabilità cutanea dei prodotti presi in considerazione. In alcuni ambiti, il costo del prodotto può rappresentare un fattore determinante nella scelta (IB)

C. Quando si selezionano prodotti per l’igiene delle mani:

  • Individuare tutte le interazioni note tra i prodotti per l’igiene delle mani, prodotti per la cura della cute e i tipi di guanti in uso presso la struttura (II)
  • Chiedere ai produttori informazioni sul rischio di contaminazione (sia prima dell’immissione in commercio che durante l’uso) (IB)
  • Assicurarsi che gli erogatori siano facilmente accessibili in tutti i punti di assistenza (IB)
  • Assicurarsi che gli erogatori/dispenser funzionino in modo corretto e affidabile, e che siano in grado di erogare il prodotto in quantità adeguata (II)
  • Assicurarsi che i sistemi di erogazione dei prodotti in base alcolica siano compatibili con materiale infiammabile (IC)
  • Chiedere informazioni ai produttori sui possibili effetti che le lozioni per mani, creme o prodotti per la frizione in base alcolica possono avere sui saponi antisettici in uso nella struttura (IB)

D. Non aggiungere sapone ad un erogatore pieno solo parzialmente. Se gli erogatori vengono riutilizzati, seguire le procedure raccomandate per la loro pulizia (IA)

In ogni caso è bene cambiare periodicamente l’antisettico utilizzato nei prodotti per le mani per ridurre il rischio di instaurare fenomeni di resistenza. Le istruzioni operative e le procedure di sicurezza dovrebbero sempre prevedere il tipo di antisettico da usare e la frequenza di alternanza, nonché le fasi operative prima o dopo le quali effettuare il lavaggio o la disinfezione delle mani.

L’OMS auspica programmi motivazionali e formativi come strumenti prioritari per migliorare la sicurezza e le condizioni di salute dei lavoratori. Un corso di aggiornamento professionale dedicato all’igiene delle mani è auspicabile oltre che in ambito sanitario e nei reparti di produzione, anche per tutti coloro che operano in laboratorio per la tutela della salute e per garantire la qualità del prodotto o del servizio prestato.-

Aware Lab srl è specializzata in Consulenza, Formazione e Servizi SSL in ambito laboratorio e non solo.